Ogni tanto riaffiora un pensiero dal passato. Ogni tanto. E quel pensiero mi accompagna nel corso della giornata. Ieri sera, nelle mie poche apparizioni a carattere sociale, ho avuto modo di (s)ragionare su cosa e come si arriva ad un punto della propria vita dove si è costretti a fare un bilancio. E ho constatato come, in quei momenti, le cose sono semplicemente ferme. Alla deriva.

I bilanci si fanno solo ed unicamente – nella propria vita – quando tutto è fermo, tutto è statico ed il resto del mondo sta correndo a velocità prossime a quelle della luce. Nel momento in cui ci si muove, l’inerzia universale ci riprende nella sua corrente, ecco che i bilanci e le linee tirate ricominciano a far parte del triste bagaglio delle nostre esperienze.
“cosa vorresti trasmettere a tuo figlio di quello che hai vissuto nel tuo passato?”. Bella domanda. A questa domanda (era un po’ più specifica, ma concediamo al relatore della serata una prospettiva un po’ più ampia rispetto al suo porticato culturale) la prima cosa che mi è saltata in testa è stato “e a me cosa ha trasmesso mio padre della vita che ha vissuto quando aveva la mia età?”. Ebbene. Molto probabilmente lui avrà cercato di sicuro di trasmettermi qualcosa. Ma io – da bravo testone e testardo – ho sempre fatto solo ed unicamente di testa mia. Bravo furbo. Si, lo so. Ma questo è il mio modo di vedere le cose.
Mio figlio – probabilmente – ha dalla sua che ancora più testone (e testardo) di me e, presumo, seguirà molto parzialmente i consigli (seri) che gli do.
E fa bene. L’esperienza diretta, quelle cose che ti sbucciano le ginocchia dell’anima, hanno un effetto a lungo periodo molto positivo. Ti permettono di capire che dai propri sbagli ci si può anche far male. Ma dai propri sbagli si può anche imparare a non commetterne di uguali, o peggiori. La motivazione in quello che facciamo nasce dal fatto che niente o nessuno può obbligarci ad essere qualcuno. Siamo noi che quotidianamente creiamo parti più o meno importanti che compongono il nostro ego. E questo – nella prospettiva limitata del mio relatore – si traduce anche in una visione paradossalmente esplosiva. Poichè la motivazione che questi vorrebbe da mio figlio in qualche modo vorrebbe che ci fosse anche in me. Ma questo non è possibile. Il mio percorso di vita è ben più lungo e le esperienze maturate mi hanno portato ad essere quello che io sono oggi. Nel bene e nel male.
E le persone che mi vogliono bene, quelle che mi stanno vicino, sanno benissimo con chi hanno a che fare, cosa penso e – soprattutto – come la penso. Niente si rigenera o si ricrea dal nulla, per il semplice fatto che il nulla, specie in un cammino di vita, non può esistere. Le esperienze ci arricchiscono sempre. E ci fanno crescere sempre. La mia motivazione (non la chiamo fede, poichè rispetto le persone che invece ne sono munite e sono convinte di questo) è data dal fatto che io credo nelle persone che mi circondano. Credo fermamente nel rispetto delle idee altrui, e nel rispetto da parte degli altri delle mie idee. Ed è da questo credo che io fondo la base su cui motivare il giorno da quando apro gli occhi, fino a quando li richiudo. Regole, comandamenti, dogmi. Teneteveli. Il tempo ha già seppellito fin troppi idoli, eroi e santi. E nessuno di questi ha mai brillato di luce propria.
Non voglio motivare il mio esistere basandolo su leggende più o meno sacre. Le lascio a chi ha una fede smisurata. E tacciatemi pure di blasfemia. A me basta il rispetto. Vorrei tanto far capire a mio figlio che usare la propria testa e rispettare gli altri sono i principi per costruire una sana ed utile fede in se stessi. Come può un uomo (o una donna) motivare tante bugie e menzogne e vivere nella ipocrisia, nascondendosi dietro a parole scritte da altri, ma agendo come un delinquente qualsiasi e prodigandosi nel dimostrare che c’è qualcosa / qualcuno di superiore che poi – alla fine – giudicherà. Troppo comodo. Non esiste entità maggiore del nostro libero arbitrio. Del nostro capire che una vera e propria questione morale non è mai possibile, fin tanto che la questione morale è una questione puramente soggettiva. E che solo dei principi di base di tolleranza e di rispetto possono creare le basi per una sana convivenza e per far crescere una motivazione profonda che dia un senso alla vita. Tutto il resto è leggenda.

PS: ho spiegato a mio figlio che alcune cose si festeggiano per il semplice fatto che bisogna rispettare delle tradizioni. Che poi le tradizioni vengano progressivamente rubate da religioni/credi di altri tempi/luoghi… Non sono cose che ci riguardano.