ci siamo messi a ragionare sul perché fare una sorta di diario (neanche tanto quotidiano dei fatti). In questi giorni non c’è tanta occasione di socialità e si vedono persone camminare come forsennate per le strade di campagna. Gente che fino a qualche tempo fa al massimo aveva il sedile della macchina sotto al culo nel breve percorso casa / supermercato / casa e che nel breve tragitto all’interno dei locali del supermercato cercava di arraffare e fuggire. Ora il supermercato è il luogo di aggregazione / disgregazione. Gente che ti guarda come fossi un appestato. Gente che ti viene vicino e, non appena resasi conto dell’appestamento in corso, si distoglie immediatamente. Gente che – probabilmente – non potrebbe essere al supermercato e se ne sbatte allegramente venendoti più vicino possibile. E poi c’è lei. Età variabile, comunque non inferiore ai 30 e non superiore ai 55, con quelle specie di tute attillate semitrasparenti, rigorosamente nere con righe colorate / fluo. Che pesa con cura ed attenzione la propria insalatina. Che evita con cura il bancone degli insaccati. Che predilige il banco frigo dove alterna lo jogurt-che-fa-andare-di-corpo grazie ai suoi centomiliardi di batteri pro-cacatio alle ricottine fermentate che ringiovaniscono l’organismo. E, sotto questo strato di cibi supersalutari, nascondono barattoli di succedanei della nutella, sacchi industriali di biscotti al plutonio.

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Tanto poi vanno a camminare. Fanno anche settantordiquattranta chilometri e bruciano ottantaduemiliardi di calorie. Neanche fossero un bruciatore a nafta.

Non è il massimo. Lo so. Ma le persone normali non mi fanno effetto. Mi attirano le caricature. E posso garantirvi che al supermercato di caricature ce ne sono tantissime. Io passo spesso per un barbone e più di una volta le guardie giurate mi guardano di soppiatto. Come se stessi lì per sedermi vicino all’ingresso col cappello in mano. Ma non è nella mia genie far di queste cose.

Le guardie giurate oramai mi conoscono. Arrivo. Mi stendo i miei soliti sette o ottocento millilitri di disinfettante sulle mani. Mi sembra di avere una distilleria di vodka. Entro. Col mio sacchetto rigorosamente di un altro supermercato, perché io ci tengo a non inquinare l’ambiente con altra plastica. Lo fanno già gli altri. Tozzi direbbe: ‘gli altri siamo noi’. Tozzi, fatti i cazzi tuoi. Ma tant’è. Una volta tanto vedo anche delle persone che si fermano a parlare. Io stesso conosco qualcuno e saluto. Mi fermo pure io a parlare. E poi medito sul fatto che è statisticamente provato che avere i capelli viola (o comunque tonalità fredde) crea una sorta di disgusto già unito al fatto che, tranne la lollobrigida quando fece pinocchio e qualche cantante rock giovane con il suo bel fisico, difficilmente ci siano donne che eguagliano quella prestanza fisica.

Ecco. Sono diventato pure esteta.

Ma magari sono belle dentro. Certo. L’altro giorno una signora coi capelli viola era davanti a me e si è piegata per prendere un pacco di cracker (ipocalorici) dallo scaffale e lì ho capito il concetto di neutrone e dell’utilità nel rendere stabile il nucleo tenendo lontani i due chiapponi protonici fra di loro. Schifo.

Una preghiera a tutte le donne che desiderano ardentemente decolorare e ricolorare con tinte da fumetti giapponesi: non fatelo e, se lo fate, tenete conto che c’è in giro gente che – magari – se non aveste fatto tali esperimenti, magari ha ancora qualche pulsione erotica nei vostri confronti e che, facendo tali esperimenti, azzererà del tutto tali pulsioni. Evitandovi.

Grazie.